È il capolavoro assoluto dell’eurodance, è la canzone che ci fa rivivere la magia e la spensieratezza degli anni 90. Blue, degli italianissimi Eiffel 65, è una canzone che potrete sentire, e sicuramente la conosceranno, ai quattro angoli del globo. Compresa la città che sembra perfetta per la storia dei little guy that lives in a blue world, il piccolo ragazzo che vive in un mondo tutto blu. Il colore predominante di Chefchaouen, la città blu del Marocco. Non immaginatevi il deserto rosso e imperante, perché qui, nel nord del paese e non lontani dalle acque del Mediterraneo, a predominare è il verde di una natura rigogliosa.
Il nostro viaggio in moto in direzione di Chefchaouen parte da Tangeri, città del Marocco settentrionale posizionata proprio di fronte allo stretto di Gibilterra e principale porto di approdo al paese dall’Europa. Lasciamo il centro città prendendo la N2, che continuiamo a seguire fino al bivio con la R417. Continuiamo fino alla periferia di Tétouan, poi N13 verso sud che ci porta direttamente a Chefchaouen. Dopo la visita alla città, proseguiamo verso sud seguendo la N13, poi N2 (14 km) e R419 (79 km) in direzione della città di Tafrant, sulle rive del Fes el Bali. Ancora, R419 per 3 chilometri per prendere poi la P5309/P5002 in direzione della N8, e continuiamo per altri 108 chilometri fino a giungere a Fes, termine ultimo di questo viaggio nel nord del Marocco.
Chefchaouen, la “Città blu” del Marocco
Sì, praticamente un arcobaleno. Il Marocco è così: c’è il deserto, ma non solo quello. Ci sono i canyon, e sulle loro sponde il rosso della terra si arricchisce di strisce d’asfalto o di sterrati che spaziano dal bianco al grigio. E poi c’è il blu: quello del mare di Tangeri, Rabat, Essaouira, Agadir Casablanca. E quello delle case di Chefchaouen, che sembra ricordare altre due città nel mondo caratterizzate da questa particolare sfumatura di colore: Jaipur in India e Casamassima in Puglia.
La chiamano la “perla blu”, questa città che è un dedalo di piccoli vicoli ricchi di gradini, che superano dislivelli creando delle strette connessioni tra le ali di case private spesso trasformate in bed&breakfast e strutture che accolgono il sempre maggiore numero di turismi in Marocco. Poco certa è la tradizione che portò i suoi abitanti a scegliere questo colore, un tempo prezioso perché ricavato dai lapislazzuli, per colorarne strade, tetti e mura. La tesi più accreditata, e storicamente attendibile, è che sia stata dipinta di blu dagli ebrei cacciati a seguito della Reconquista spagnola, e trasferitisi insieme ai musulmani dell’Andalusia nel vicino Marocco. E proprio la popolazione ebraica vi trovò rifugio ancora una volta durante la Seconda guerra mondiale e negli anni del Marocco spagnolo, fino alla sua indipendenza nel 1956.
La vista su Chefchaouen dal sentiero che conduce alla moschea Bouzafer
La visita alla città parte da Uta Hamman, la grande piazza su cui dominano i profili della Moschea e della Kasbah, simbolo della città che guarda le vette (questo il significato del nome Chef – Chaouen). Insieme alla Grande Moschea, fondata da Ali ibn Rashid al-Alami nel Settecento, un’altra tappa imperdibile è la Moschea Bouzafer, voluta in un punto panoramico dagli spagnoli e dalla quale si può ammirare lo straordinario colpo d’occhio sulla città.
Tutt’intorno a Chefchaouen si sviluppano poi innumerevoli percorsi per gli escursioni che, lasciata da parte la moto, vogliono scoprire a piedi le montagne del Rif, esplorare gli spazi verdi di Talassemtane, della riserva di Bouhachem oppure ammirare la bella cascata di Ras el-Maa.
Responsabile editoriale di TrueRiders sin dal 2015
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