Il Piemonte inaspettato: la vera avventura è quella non programmata

Il Piemonte inaspettato: la vera avventura è quella non programmata

Redazione TrueRiders  | 01 Ott 2023  | Tempo di lettura: 3 minuti
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La partenza è forse il momento più tragico di ogni viaggio che si rispetti. Il momento più intenso, più teso di una corda di un violino, in cui ci si appresta a partire e andare incontro a? Chi lo sa. Non si può mai sapere, e questa cosa è terribile. L’inizio dei viaggi è quasi più brutto della fine: quando il viaggio è finito, e torniamo verso casa, stanchi, e tristi, abbiamo però la (magra) consolazione di portarci dietro un bel bagaglio di ricordi, emozioni e avventura.

Ma quando si parte..non c’è niente. Un investimento a scatola chiusa, senza garanzia o diritto di reso entro 30 giorni come su Amazon. Però forse è anche quel brivido dell’incertezza che porta noi motociclisti a partire comunque. Ed è così che sono partito per il mio viaggio, carico di ansie e paure, aspettative e idee. Ma senza un itinerario. Meglio così. Gli itinerari ti vincolano, ti legano, ti bloccano e ti costringono a organizzarti la giornata, scandendola per ore e chilometri, e tolgono un po’ di poesia. Volevo la libertà.

Avevo deciso di andare a esplorare il Nord Ovest dell’Italia, il Piemonte, e poi di sfociare in Francia e andare dove mi avrebbe portato il cuore. O la benzina, insomma. Come sempre però bisogna anche fare i conti con la realtà di chi non programma gli itinerari, e proprio per questo, già da subito ho preso il primo palo: Colle del Nivolet, Parco Nazionale Del Gran Paradiso, chiuso. Si sale solo con la navetta. Maledetti posti famosi e bellissimi e le loro viste mozzafiato.

Vabbè, poco male. Proseguo, e mi dirigo un po’ affranto verso quello che sarebbe stato il mio spot per la notte dove accamparmi. Per arrivarci però, la strada mi portava verso il Colle Sampeyre: non lo conoscevo, e i tornanti che si susseguivano, immersi nella nebbia, non promettevano nulla di buono. Per una volta però, clamorosamente, succede il miracolo: arrivato in cima al colle, si aprono le nuvole, e con loro il paradiso. Mi ritrovo davanti uno spettacolo di montagne ripide e aguzze che disegnano l’orizzonte, salendo e scendendo, disegnando linee irregolari, ricoperte di prati verdi, sotto un cielo dipinto da nuvolette innocue. Aguzzo la vista, e trovo una strada bianca che si scosta dall’asfalto, chissà dove porta. Erano le 18, avevo ancora forse due ore di luce, la tentazione era molta e in meno di un minuto ero già partito.

Che strada. Semplicemente stupenda. Una strada bianca di circa 6km, che costeggia la montagna e porta a Colle della Bicocca, offrendo viste mozzafiato, senza mettere in pericolo, con un sole che iniziava ad abbassarsi e giocare con le ombre. Se viaggiare senza itinerario significa andare in posti del genere, beh, vendo il navigatore. Ero solo, e tutte le emozioni che provavo si riverberavano in me potentissime, facendomi apprezzare tutto quello che mi circondava. Ero dove dovevo essere. Ma non esattamente, infatti sapevo che mi stava aspettando un posto ancora più speciale. Quel posto lo avevo scovato un anno fa, una di quelle sere di settembre in cui senza sapere cosa fare, mi ero messo a osservare le montagne tramite il satellite e ero capitato su una formazione abbastanza singolare: Il Fremo Cuncunnà.

Mi ero promesso di andarci, da solo, e di dormirci. E tra il dire e il fare… c’erano di mezzo appena 3km. Risalgo in moto, e dopo pochi minuti arrivo a destinazione. Parcheggio la moto sotto un albero, e mi dirigo a piedi (si, a piedi, per quei 300 m che sono inaccessibili in moto) verso la roccia. Ed eccola qui.. Era tutto perfetto. La giusta conclusione di una giornata di viaggio, come dovrebbe essere. Montata la mia tenda, mi sarei mangiato qualcosa, e avrei dormito, tutto solo, a oltre 1.800m d’altezza, sotto le stelle.

di Lorenzo Vielmo

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