Alla soglia dei Cinquanta, scopriamo un’inaspettata passione per la motocicletta: da subito, saliti in sella, ci rendiamo conto che non potremo più fare a meno della sensazione di libertà che si prova cavalcando il cavallo di ferro, e che il godimento della bellezza che ci circonda è a 360°. Dopo esserci timidamente avventurati in una serie di gite sempre più lontano da casa, soprattutto verso i laghi di Piemonte e Lombardia, decidiamo di compiere un passo importante: un viaggio lungo lo stivale, da Nord a Sud e ritorno, dall’Adriatico allo Ionio, dal Tirreno al Ligure. Un percorso che ci porti ogni giorno in un posto nuovo, da vivere appieno come due moderni nomadi, con la mente aperta a paesaggi, usanze, cibi, culture locali e persone via via differenti.
Partiamo il 23 Luglio e torniamo l’8 agosto 2021.
Ecco il nostro “Diario del capitano”.
Salutate le nostre due figliole affacciate al balcone, da Trecate, in provincia di Novara, facciamo la prima tappa a Cremona, terra di Stradivari, Tognazzi, Mina, torrone e mostarda. Siamo fortunati, perché è giorno di mercato, perciò il centro storico è particolarmente animato.
Seguono poi Sabbioneta, con la sua pianta a stella e città ideale dei Gonzaga, e Ferrara, l’ambientazione preferita dei romanzi di Giorgio Bassani (come “Il giardino dei Finzi Contini” e “Gli occhiali d’oro”), nonché sede della casa di Torquato Tasso, poeta di corte degli Estensi.
Fa caldissimo, ma in tutta libertà e voglia di scoprire.
Partiamo per Comacchio, che potremmo definire una delle tante “Little Venice” europee, tagliata in più parti dai suoi canali, che la percorrono come vene in un polso.
Il passaggio dall’Emilia alle Marche avviene lungo il Po, con avvistamento in corsa di fenicotteri rosa, in prossimità del Delta.
Una breve tappa a Riccione per una piadina veloce, e finalmente giungiamo ad Urbino.
Meravigliosa Urbino, città antichissima e moderna al tempo stesso, piena di suggestione storica e della vitalità dei suoi studenti universitari.
Ci colpisce particolarmente un piccolo cinema degli anni Quaranta, perfettamente conservato ed ancora funzionante.
La sera cala tra il vociare vivace dei giovani, Italiani e stranieri, che siedono ai tavolini dei bar all’aperto, in suggestive piazzette e vicoletti.
Finalmente ritorniamo all’amata Gubbio, già visitata nel 2020, per scoprirne nuovi scorci e rimpinzarci di brustengo, la tipica focaccia bassa egubina, così friabile e squisita con i cigoli!
Poi tappa pomeridiana al delizioso (e forse ancora poco noto) borghetto di Rasiglia, il magico paese del presepe e dei ruscelli, che scorrono delineando i vicoli del paesino, in un sorprendente susseguirsi di giochi d’acqua.
E per finire, la silenziosa Norcia, storico borgo ancora sfregiato dalle ferite del terremoto, ma con tanta voglia di mettere di nuovo in mostra le sue bellezze. Gli abitanti, persone in dignitosa attesa, che non nascondono al forestiero di essere stanche e provate, ma con profondo desiderio e bisogno di ricominciare a vivere e lavorare, e di vedere la loro città tornare vitale come prima
Lasciata Norcia al suo silenzio, interrotto solo dal rumore dei cantieri, ci dirigiamo a San Benedetto del Tronto, dove l’atmosfera sul lungomare e nelle spiagge è decisamente vacanziera; dopodichè, con una lunga tappa, eccoci in Abruzzo: a Sulmona, la città dei confetti e degli arrosticini di pecora, ma anche assai pittoresca, col suo centro storico attraversato dagli archi dell’acquedotto romano.
Attraversiamo la Majella, in mezzo a boschi profumati, sconfinati altipiani, ruvidi monti e paesi arroccati a strapiombo, e arriviamo al piccolo borgo di Pescocostanzo, una bomboniera di viuzze lastricate e vasi di gerani colorati, dove regnano pace e silenzio.
Pian piano passiamo dalle montagne ai dolci declivi, tra le vigne d’Abruzzo, fino a Termoli, lo stupefacente sbocco sul mare del Molise (che invece esiste, eccome!).
Poi, senza preavviso, con un cambio improvviso e repentino di temperatura, ci sorprende l’infuocato Tavoliere, fatto di distese di ulivi, fichi d’India ed enormi campi gialli, tagliati a metà da un’interminabile lingua di asfalto, che corre praticamente in un vero e proprio forno ventilato che ci soffia addosso!
Ad un certo punto temiamo di prendere fuoco (come l’erba secca che brucia spontaneamente ai bordi della strada), e di lasciare una scia di fiamme dietro di noi.
Finalmente arriviamo alla destinazione finale di oggi, Manfredonia, dove per fortuna ci aspetta una fresca oasi di palme, e dedichiamo la serata alla scoperta della città, la prima delle tante “bianche” pugliesi che ci aspettano.
L’effetto dei sapori della Puglia, tra i quali c’è solo l’imbarazzo della scelta, ha cominciato “a salire”, con un pane fragrante e sfogliato, farcito con salsiccia, cime di rapa, stracciatella e bacon croccante. Non male, per il primo giorno pugliese.
Dopo più di tre ore nella fornace del Tavoliere (già a punto di cottura di prima mattina), attraversate anche le saline punteggiate dai fenicotteri, finalmente arriviamo a Polignano a Mare. Ne è valsa davvero la pena: la piccola città offre scorci incantevoli ad ogni angolo, come una femmina mediterranea, bella e disinvolta, in posa per il pittore.
Ci diamo allo street food, che in Puglia significa far cantare le papille gustative: caciocavallo podolico alla piastra con miele, e focaccia pugliese farcita (o “stizz d’ fucazz”).
Si prosegue per Monopoli, una vera scoperta, per le vedute che si aprono davanti agli occhi ad ogni cambio di direzione.
In viaggio nella campagna della provincia barese, sembra di trovarsi in un quadro: infiniti campi dolcemente ondulati e ricoperti di ulivi, tra i quali corrono e si incrociano lunghe file di muretti di pietre chiare, il caldo secco e silenzioso interrotto solo dal frinire di cicale.
La terra è di un colore marrone sanguigno intenso, che suggerisce quanto sia ricca, grassa e generosa, adatta a far crescere ottimi prodotti.
L’ultima tappa di oggi, Alberobello, ci ha intanto preparato una ricompensa, per essere riusciti a resistere agli svenimenti da colpi di calore, nonché alla guida “easy” dei locali: il proprietario del nostro alloggio ci dice infatti di avere una sorpresa per noi, e ci offre come “casa vostra” un autentico trullo del 1300 (del quale ci racconta tutta la storia), completamente ristrutturato!
E chi si aspettava un’occasione del genere? Si era liberato all’ultimo momento, e lui, persona di estrema gentilezza e fine conoscitore del luogo, ha voluto condividere questa bellezza con noi (più tante informazioni utili per il nostro itinerario): ogni tanto gli imprevisti sono meglio delle aspettative, che dire?!
Oggi i km in programma sono pochi. Percorriamo la Valle d’Itria scivolando placidi sulle strade lunghe e lievemente ricurve, accarezzati dalla brezza calda e circondati dai colori vivaci degli ulivi, i fichi d’India, le viti, la terra feconda, i cespugli di fiori, i muretti…che si alternano al bianco, quasi accecante sotto il sole, dei numerosi trulli sparsi per la valle, con i loro pinnacoli multiformi che spuntano dappertutto qua e là.
Visitiamo Locorotondo, dove non basta scattare mille fotografie, perché offre una cartolina da immortalare ovunque ci si giri; poi Martina Franca, “la barocca”, in cui ci si sente più nella Sicilia dei Tomasi di Lampedusa che in Puglia; e infine Cisternino, dove a pranzo ci avventiamo su piattoni di bombette di carne di un’invitante macelleria-braceria.
Il bianco delle case si fonde in tutti questi borghi con quello delle strade lastricate, talmente lisce e a specchio, che sembra quasi vengano tirate a lucido dalle donne del posto: le si immagina tipiche “mamme italiane”, sentendo provenire dalle case il fresco profumo di panni appena lavati e di cibi appetitosi.
L’ultima tappa è Ostuni, “la città bianca” per eccellenza, molto vivace e tutta da scoprire, perdendosi nel dedalo dei suoi vicoletti.
L’accoglienza ad Ostuni è stata tipicamente meridionale: arriviamo al nostro B&B e, mentre cerchiamo la chiave seguendo le istruzioni messaggiateci dalla proprietaria, la signora della casa di fronte (con l’acconciatura curata stile “messinpiega da parrucchiera di fiducia ogni settimana”), che ci sta studiando in silenzio da un po’, ci ricorda il codice per aprire la cassettina che contiene la chiave.
Vedendoci un po’ stupiti e divertiti, ci fa “Lo so, perché sono la zia!”.
Poi si mette a darci simpaticamente indicazioni per parcheggiare la moto nel modo migliore davanti casa della nipote: “Mettila lì, tranquillo, io sono qui dal ‘66 e non è successo mai niente!”; “Un po’ più vicino al muro…”, “Aspetta, se togli le valigie, la accosti di più”, “Se la giri pende di meno “.
Noi, pazienti per non offenderla, visto che si prodiga con tanto zelo, facciamo tutti i tentativi che ci suggerisce
Ad un certo punto, anche le “commari” delle case adiacenti si affacciano al balcone e si prodigano in consigli a loro volta.
Alla fine ce la facciamo ad accontentarle tutte, ormai siamo diventati loro amici!
E adesso che noi due siamo rientrati in casa, a serata inoltrata, loro sono ancora lì, sedute fuori dalle proprie porte d’ingresso, a chiacchierare e ridere animatamente con i vicini.
“Ma quanto è bello il Sud d’Italia, Johnny!” (semi-cit)
Oggi visitiamo due capoluoghi di provincia; prima Brindisi, con un impressionante viale principale (Corso Umberto I), enorme, lastricato chiaro e costeggiato di palme, per una lunga passeggiata che arriva fino al mare. Poi Lecce, ricca di splendidi edifici barocchi.
A pranzo è d’obbligo lo street food, e la scelta è sempre variegata: stavolta “puccia” farcita con capocollo, stracciatella, pomodorini e melanzane sott’olio, e burrata con capocollo, olive e tarallini freschi misti.
E a Lecce in particolare, non può mancare l’assaggio del Pasticciotto : appena fatto, con la frolla friabile e la crema pasticcera profumata e ancora tiepida… e intanto la lista dei peccati di Gola (inteso letteralmente come quinto dei sette peccati capitali) si allunga a dismisura!
Sulla strada verso l’ultima meta, ci fermiamo un momento a Torre dell’Orso e a Sant’Andrea, dove riusciamo solo a rubare qualche immagine dello splendido mare (quello che a fatica si scorge nell’altro mare, cioè quello dei bagnanti).
Concludiamo la giornata ad Otranto, che cominciamo a goderci soltanto dopo il tramonto (oggi tassativamente, si fa prima il bucato in lavanderia): è una località di villeggiatura assai vivace, con un centro storico suggestivo e ricco di angoli piacevoli e caratteristici, il Castello ed un bel lungomare animato e fiorito, con un ampio lido tutto suo.
Le premesse sono ottime. Vedremo se domattina, sotto i raggi del sole, la città confermerà questa prima impressione.
Apprezzata la bellezza di Otranto anche alla luce del nuovo sole, ripartiamo ed arriviamo all’estremità del tacco dello stivale: Santa Maria di Leuca, che ci lascia però l’impressione di un grosso agglomerato di case bianche, per lo più ville di vacanza, con un lungomare chilometrico e assolatissimo, senza quasi spiaggia sabbiosa e senza un centro storico o luoghi particolarmente belli in cui soffermarsi. Sinceramente restiamo un po’ delusi, nelle nostre aspettative, vista la fama di cui gode, ma forse siamo scoraggiati (nonché sciolti) dal caldo torrido…un vero peccato!
Tappa poi a Pescoluse (le Maldive o Seychelles, che dir si voglia, del Salento), ma purtroppo è solo una toccata e fuga: un po’ perché non possiamo sforare troppo con i tempi del programma di viaggio, ma soprattutto perché le spiagge sono letteralmente prese d’assalto, e passa presto la voglia di cercare un francobollo di sabbia da occupare,
Questo particolare ci colpisce ancora di più a Gallipoli: il nostro alloggio si trova a due passi da Lido San Giovanni, dove il mare è meraviglioso, ma la quantità di ragazzini che lo affolla è così esagerata, che sinceramente preferiamo fuggire da “Pischellopoli” e trascorrere il resto della giornata a Gallipoli centro: la passeggiata è piacevole, e ci godiamo molto una rilassante apericena affacciati sul mare dalle alte mura, tra i suonatori di Taranta.
Forse però Gallipoli è un po’ troppo “città”, rispetto ai piccoli borghi che piacciono a noi.
Comunque in un viaggio come questo, che comprende tante tappe, tutto è da scoprire.
Lasciamo il Salento, dove “Lu ientu” caldo e secco la fa da padrone, e la terra è assetata, gli ulivi spogli e sofferenti, l’erba gialla e i fichi d’India già gravidi di frutti, che tra poche settimane saranno colorati, succosi e pronti da mordere.
“Lu sole” non si può dire che non si sia dato parecchio da fare negli ultimi giorni; “Lu mare” in realtà (forse proprio a causa del gran caldo, del nostro passaggio frettoloso, o dell’eccessiva presenza umana), non è riuscito purtroppo a strabiliarci come ci aspettavamo: meriterebbe che gli si dedicasse un’altra visita, con più calma e in un momento diverso dall’alta stagione. Prima di entrare in Basilicata, però, il paesaggio cambia nettamente: la terra torna a vestirsi del verde intenso e brillante dei filari del Primitivo di Manduria, che si susseguono per chilometri e chilometri.
Arriviamo nel Metaponto e raggiungiamo Nova Siri Marina, dove finalmente il vento è fresco, e ci aspetta una deliziosa casetta con giardino tutta per noi in un agriturismo in collina: perché qui a due passi c’è anche Nova Siri, che ci ricorda molto il Monferrato.
Al nostro rientro serale ha già fatto buio, e, sorpresa per noi, il cielo silenzioso è pieno di stelle quassù.
“Basilicata coast to coast”, da Nova Siri Marina (Ionio) a Maratea (Tirreno), macinando chilometri nel Parco nazionale del Pollino. Passiamo sopra un ponte che attraversa un lago artificiale azzurro-ghiaccio creato da una diga, e sulle cui rive pascolano libere le mucche.
Giungiamo a Maratea, dove in lontananza si staglia la figura del Cristo Redentore, sulla cima di un alto promontorio; ci arrampichiamo fin là, mentre il paesaggio sotto di noi è da vertigine e bello da mozzare il fiato nello stesso tempo.
Scendendo, ci allunghiamo fino a Cala Jannita, la vulcanica spiaggia nera, in contrasto con la quale l’azzurro del mare appare ancora più evidente ed intenso.
Zig-zaghiamo pigramente lungo tutta la costa, da Maratea fino a Sapri, per entrare poi in Campania, e il lungo tratto da compiere sulla costa a strapiombo è uno spettacolo incredibile: il Tirreno si esibisce dando il meglio di sé, con i toni che vanno dal blu profondo all’azzurro delle rive, e si sparge tutto intorno a noi il profumo della macchia mediterranea, rigogliosa e accesa dei colori di tutti i suoi fiori!
Giù per il Vallo della Lucania, ed eccoci nel Cilento, dove saliamo di nuovo verso “Chateau l’Abbé”, il piccolo borgo che sarebbe già uno scrigno di tesori di per sé, anche senza la fama del film “Benvenuti al Sud”.
La sera, grazie alla quiete della marina di Castellabate, ci possiamo permettere una passeggiata solitaria sulla spiaggia, tutta nostra, cullati dal suono delle onde che si infrangono sul bagnasciuga. E domani ci aspettano le graffe alla crema, che la signora gentilissima del B&b in cui siamo ospiti, ci ha promesso per una coccola mattutina, dicendoci “Io cercherò di darvi meno fastidio possibile, ma se avete bisogno, siamo una famiglia”.
Che bello sentirsi a casa, quando si arriva da queste parti! Mi mancava da un po’…
La Costiera Amalfitana. Assolutamente incantevole. Altrettanto impegnativa.
Dopo un inizio tranquillo da Vietri, la città della ceramica, il percorso diventa, diciamo così, insidioso: ad Amalfi è praticamente impossibile fermarsi per una sosta, talmente è la confusione di gente, traffico disordinato, carri attrezzi in azione senza pietà contro i parcheggi selvaggi. Un delirio!
Dopo vari giri di ricognizione, scoraggiati, desistiamo. Pazienza… per fortuna non è la nostra prima visita in Costiera.
Alle 13, sotto il sole allo zenith, in curva a strapiombo, un pullman decide di non ripartire, creando un blocco “a tappo” in entrambe le direzioni di marcia, che si risolve dopo SOLO una ventina di minuti circa (da queste parti è una fortuna).
Più avanti, in prossimità di una recente frana, un altro ostacolo alla circolazione e traffico di nuovo bloccato, così il camionista davanti a noi, già che c’è, decide di approfittarne per scaricare la merce.
Se uno non si arrabbia, ci si possono fare anche due risate.
Riusciamo a fermarci almeno a Positano, che però in estate non è affatto come in altri periodi più tranquilli dell’anno: così caotica e strapiena di turisti, ombrelloni, bancarelle, musica, rumori ed imbarcazioni di ogni tipo, sembra ancora più piccola, anche se incantevole.
Comunque oggi i km da percorrere sono tanti, perciò via verso Formia!
C’è solo il tempo di un veloce scatto a Napoli, mentre passiamo da Sorrento, giusto un attimo per prendere un pezzetto del mio cuore e lanciarlo nel Golfo.
Mentre ce ne andiamo, il Vesuvio imponente ci accompagna verso nord, caro ed inquietante allo stesso tempo. Poi anche lui ci lascia la mano, si allontana e sparisce dalla nostra vista.
Dal casertano arriviamo finalmente a Formia, dove abbiamo cari ricordi di famiglia.
Siamo ospiti presso un B&B gestito da un architetto in pensione, dentro lo studio ancora attivo di architettura (stramberie della categoria).
Persona simpatica, alla mano, estremamente colta e di squisita gentilezza, ci ragguaglia su cosa visitare, dà suggerimenti eno-gastronomici, nonché una quantità di informazioni storiche, artistiche e mitologiche su Formia.
Perciò la prima tappa della serata è d’obbligo in un’enoteca, dove gustiamo della falanghina tardiva. Poi proseguiamo verso il teatro romano di Castellone, che è abitato, luogo molto particolare, perfetto set da film.
Abbiamo studiato, così domattina non rischieremo di prendere 2 sul registro, se interrogati dal nostro mentore!
Nel cuore della Tuscia, tra pascoli di pecore, mucche e cavalli, attraverso campi dorati, come pani dolci fragranti, su cui le balle di fieno sparse sembrano granella di zucchero leggero. Il cielo, di un azzurro intenso, è reso ancora più sconfinato dalle nuvole bianche e spumose come meringhe. I paesini che si susseguono sui colli sono così perfetti nei tratti, da sembrare quadri dipinti su un fondale.
Oggi la giornata è sembrata trascorrere nel paese delle fiabe: prima a Roccalvecce, con il suggestivo Castello Costaguti, in un borgo medievale quasi esoterico.
Poi nella “città che muore”, Civita di Bagnoregio, che svetta solitaria, ben piantata, seppur fragile, nell’ampia e profonda vallata circondata dai colli. E infine eccoci a Viterbo, dove alloggiamo in un B&b dagli interni di design modernissimo, ma in una struttura antica che dà sulla deliziosa piazzetta del Gesù. Questo contrasto tra vecchio e nuovo colpisce in ogni angolo del grande centro storico, soprattutto la sera: le vie sono poco illuminate e sarebbero quasi spettrali e tetre, se non fossero animate dalla vivace e cospicua presenza degli studenti universitari, per i quali è ampia l’offerta di locali, svago e negozi alla moda.
Anche noi, data l’ora di arrivo, ci viviamo Viterbo “in notturna”, tra cena a base di piatti tipici laziali e vini locali e digestiva passeggiata tra piazze e vicoletti, in cui ci si sente un po’ sul set di “Intervista col vampiro”, ma anche de “Le notti di Cabiria”.
Dalla Maremma in Tuscia alla Maremma toscana, attraverso distese a perdita d’occhio, tutt’intorno a noi, di campi leggermente ondulati e dorati come dune.
Dalla laguna di Orbetello, oasi protetta del WWF, vediamo ogni tanto alzarsi in volo i Cavalieri d’Italia.
La prima tappa di oggi è Grosseto, con il suo bel centro storico e le mura medicee; assolata e quasi vuota al nostro arrivo, nelle prime ore pomeridiane.
Poi via verso Livorno, con una breve sosta (giusto per soddisfare la curiosità) alle spiagge bianche di Rosignano Solvay: è impressionante come sembrino caraibiche ad un primo impatto, ma a guardar bene, i bagnanti si immergono in un’acqua che quando spumeggia a riva non è trasparente, bensì bianca (per i residui versati in mare dall’ adiacente fabbrica di bicarbonato, la Solvay, appunto): villeggiatura industriale…
E finalmente eccoci a Livorno, dove scopriamo l’esistenza di un pittoresco quartiere: La Venezia, che più che la Laguna, per l’aspetto artisticamente trasandato e bohémien ricorda i Ruin Bar di Budapest e i Navigli di Milano. Sono sempre di più ormai, nelle grandi città, i quartieri “sgarrupati” che vengono riconvertiti in zone trendy e location per eventi culturali (come qui stasera, con la rassegna di spettacoli “Effetto Venezia”).
Comunque l’atmosfera festaiola invoglia, e dunque come non sedersi ad un tavolo per assaggiare il caciucco alla livornese, già che siamo qui?
Le nostre ultime tappe sono Torre del Lago Puccini, dove immaginiamo il maestro trovare ispirazione dalla quiete del luogo, e Forte dei Marmi, di natura completamente diversa, lussuosa e modaiola, quasi al limite del disagio.
Entrando in Liguria da Levante, ne approfittiamo per una sosta al bel borgo di Lerici, dove finora non ci eravamo mai spinti (al massimo siamo arrivati a Porto Venere), e il paesino, con il castello e il piccolo golfo, si rivela come l’ennesima immagine da tela o da cartolina di questo lungo viaggio.
Infine eccoci per l’ennesima volta a Rapallo, da ritrovare sempre con gioia ed entusiasmo, scoprendone nuovi angoli sconosciuti, e godendola in tutta la sua suggestiva bellezza, insieme ai nostri famigliari.
Ci riposiamo e ci godiamo la compagnia della nostra famiglia, in una lunga e rilassante passeggiata a Genova Boccadasse, che si rivela essere una piacevole scoperta, quasi un borgo a sé, dove immaginiamo i tre amici De’ Andrè, Tenco e Villaggio seduti sugli scogli a disquisire di vita, amore, popolo e poesia, giovani pieni di sogni e speranze che guardano oltre il loro mare.
E domani si torna a casa.
E’ stato tutto magnifico.
“I’m a cowboy, on a steel horse I ride…”
Km percorsi: 3363
Tappe: 47
Regioni attraversate:13
Gerda e Giuliano
Da un lato il fiume Nera, dall'altro le colline verdi e gli angoli rigogliosi di ...
Qualcuno l'ha chiamato "la Pompei medievale del Biellese", per sottolineare quanto ...
L'Italia è un Paese ricco di piccoli borghi e luoghi caratteristici e ognuno di ...
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