Immaginate di viaggiare indietro nel tempo, in un luogo dove la storia si fonde con la leggenda, e la natura regna sovrana. Siete in un borgo abbandonato, un gioiello nascosto nella regione della Calabria, in Italia. Le sue rovine parlano di una storia ricca e tumultuosa, risuonando di echi di un passato glorioso. L’atmosfera di Pentedattilo è surreale: le case di pietra sembrano sospese tra cielo e terra, arrampicate su una rupe che ricorda la mano di un gigante. Questa formazione rocciosa, che dà il nome al borgo, si erge maestosa, dominando il paesaggio circostante. Passeggiando tra le sue stradine deserte, vi sentirete come se foste gli unici testimoni di un segreto antico, custodito gelosamente dalle pietre silenziose.
Partiamo dal borgo di Pentedattilo per un breve ma piacere itinerario lungo la costa della Calabria con due incursioni nell’entroterra. Prendiamo Via Nazionale in direzione sud e seguiamo la SS106 Jonica per Melito di Porto Salvo, dove arriviamo in 8 chilometri. Da qui riprendiamo la Jonica oltrepassando Marina di San Lorenzo e San Carlo – Condofuri Marina in direzione di Bova Marina (13 km). Da qui prendiamo la via dell’entroterra seguendo la Strada Comunale Armacaconi Ferraina che conduce fino a Bova (11 km).
Pentedattilo è oggi solo una frazione del comune di Melito Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, ma la cui importanza turistica è data dall’atmosfera unica e avvolta nel mistero che questa ghost town offre. Il paese fantasma, infatti, è arroccato sulla rupe del Monte Calvario e ha una forma che ricorda quella di una mano con cinque dita, da cui deriva il suo nome greco πέντα-δάκτυλος, appunto “cinque dita”.
La sua è una origine antichissima, che risale all’epopea della Magna Grecia: fu fondata nel 640 a.C. e permase come un importante centro economico e militare durante il periodo greco-romano, grazie alla sua posizione strategica sulla fiumara Sant’Elia, un’importante via di accesso all’Aspromonte e non lontana dalla costa ionica. Un evento chiave nella storia di Pentedattilo (che a volte si legge anche come Pentidattilo) è la Strage degli Alberti del 1686, quando la famiglia degli Abenavoli si scontrò con quella degli Alberti decimando quest’ultima. La leggenda narra che le torri che sovrastano il paese rappresentano le dita insanguinate della mano del barone Abenavoli, da cui il soprannome di “la mano del Diavolo”. Fu però il terremoto nel 1783 (responsabile di gravissimi danni lungo tutto lo Stretto di Messina) che portò al progressivo abbandono di Pentidattilo, conclusosi definitivamente negli anni ’60 del Novecento.
Tuttavia, dagli anni ’80, Pentedattilo ha conosciuto un rinnovato interesse, con il restauro di edifici e l’apertura di botteghe artigiane che hanno permesso di riscoprire uno dei luoghi più suggestivi della Calabria.
La nduja, salume tradizionale della Calabria
Che sia l’immancabile peperoncino presente in quasi tutte le specialità calabresi, i formaggi dell’Aspromonte o il pesce, è difficile non rimanere soddisfatti alla cucina di queste terre. Molto originale, tra le ricette da scoprire, è la Pasta del brigante, che ancora oggi viene preparata seguendo una ricetta del 1500 a base di broccoli, pomodoro, pinoli, uva passa e pecorino. Spazio poi a ‘nduja e soppressata, al capocollo, la carne alla griglia e le polpette, tutte specialità di una Calabria che a tavola conquista tanto quanto i suoi luoghi. Ed ecco due indirizzi intorno a Pentedattilo dove assaggiare la buona cucina locale:
Questo agriturismo offre un’atmosfera accogliente con cibo preparato con cura, rispecchiando la tradizione locale. È perfetto per una cena in famiglia o con amici, con la possibilità di assaporare piatti come il cinghiale in un ambiente genuino e ospitale.
La trattoria offre una varietà di piatti italiani e mediterranei. Tuttavia, le recensioni sono miste, con alcuni ospiti che hanno apprezzato il cibo e l’atmosfera, mentre altri hanno espresso preoccupazioni riguardo ai prezzi e alla qualità del servizio.
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