Non è il metallo più prezioso che ci sia – basti pensare al platino, che lo supera in costo e valore – ma l’oro è universalmente considerato un simbolo di lusso e ricchezza. Per migliaia di anni è stato lo standard economico internazionale, e ancora oggi è considerato il “bene rifugio” per eccellenza durante i periodi di turbolenza economica. Ma stavolta l’oro che andiamo cercando non è quello che si trova in gioielleria o nei caveau di Fort Knox, bensì una ricchezza accessibile, frutto del lavoro sapiente di artigiani e persone che hanno mantenuto un rapporto di complicità e codipendenza col territorio che li circonda. Siamo a Storo, in Trentino-Alto Adige, dove l’oro del Trentino nulla è se non polenta. Buona, inconfondibile e unica. E pronta ad accompagnarci per un itinerario di gusto. Partiamo?
In appena 50 chilometri (a onor del vero sono 47,6) raggiungeremo Storo sì, ma toccheremo ben tre laghi. E che laghi: Idro, Ledro e Lago di Garda, il più grande d’Italia. Partiamo dalla Lombardia, più precisamente da Anfo. Da qui seguiamo la SP BS 237 verso nord, oltrepassando Ponte Caffaro e Lodrone. Prendiamo la SS240 e arriviamo in meno di 14 chilometri a Storo, approdo di scopo di questo itinerario. Continuiamo sulla SS240/Via Ampola, che prende il nome dal valico (747 m s.l.m.) sul quale insiste anche un piccolissimo laghetto (400 m lungo, meno della metà largo), e proseguiamo verso Molina di Ledro, anche qui sulle sponde di un lago. La discesa finale verso Riva del Garda è caratterizzata dal passaggio lungo il tunnel “Agnese”, 3600 metri, che permette di evitare il percorso della strada storica del Ponale.
La polenta di Storo in una preparazione tipica. Copyright foto: facebook.com/comune.storo.tn.it
Un alimento che da sempre è legato alla cucina di montagna, ma che ha scoperto una modernità inaspettata grazie a una caratteristica particolare: la polenta, infatti, è naturalmente gluten free. Lo sanno bene a Storo, dove dal 1921 il cuore cittadino è dotato di un mulino che, decenni dopo, ha portato anche alla costituzione del Consorzio del Mais Nostrano. Ci troviamo nella Valle del Chiese, Trentino sì ma a pochissima distanza dalla Lombardia, un territorio di sintesi e incontro nel quale si produce il mais Marano. Non è come tutti gli altri: le pannocchie sono allungate, dal tipico colore rosso-aranciato, e la farina che si ricava è sì gialla oro, ma puntinata da piccoli schizzi di colore rosso.
Ed è proprio con questa farina che si realizza il piatto tipico delle Giudicarie e del Chiese, la polenta Carbonera. Non carbonara, non siamo a Roma, e infatti gli ingredienti tipici sono – polenta a parte – il burro, il formaggio Spressa (sia fresco che stagionato), il Grana Trentino e il salamino fresco. Un piatto dal sapore deciso, intenso e ricco, un abbraccio per il corpo e l’anima che, soprattutto nei mesi più freddi, è una tentazione irresistibile. Soprattutto perché ispira il senso di comunità e di incontro, mangiata insieme su una tavola di legno, per mantenere il calore più a lungo e senza toccare la tradizione, immutabile ma della quale in pochi vorrebbero fare a meno.
Circondato da montagne altissime e vicino al lago, Storo è un comune piccolo (4500 abitanti) ma dalle tante attrazioni, soprattutto naturale, che fanno corona ai sapori di cui abbiamo appena parlato. Ed è una delle tante tappe di questo percorso che, pur nella brevità, riesce a offrire numerosi punti di approdo e sosta.
A cominciare dalla stessa Anfo, la cui Rocca è una importante struttura militare di epoca tardo quattrocentesca, realizzata proprio sulle pendici dei colli che sovrastano il lago d’Idro. In passato era considerata anche il posto di confine tra Trento e Venezia, due realtà oggi indissolubilmente italiane, ma un tempo divise.
Non meno interessante dal punto di vista storico è il lago di Ledro, che può essere considerato come una delle migliori testimonianze delle antiche culture palafitticole. Vuoi i repentini cambiamenti climatici o la necessità di difendersi dagli animali, ma nel corso dell’Età del Bronzo (2300-800 a.C.) molti luoghi del Nord Italia erano ricchi di villaggi di palafitte, tra cui appunto quelli ritrovati a inizio Novecento sulle sponde di questo lago.
E parlando di laghi, non possiamo non arrivare a quello di Garda, con la sua “punta” trentina, la terza regione bagnata dal più grande lago italiano. Riva del Garda, baciata dalle acque e dal vento del Benaco, è meta privilegiata per i surfisti che non vogliono allenarsi sul mare. E qui, a circondare il (moto)turista c’è un panorama ragguardevole, con montagne che si gettano nelle acque del lago, coloratissimi palazzi, ringhiere in pietra che cingono un lungolago elegante ed esclusivo. Tutto il bello del Trentino e del lago di Garda, insieme, in un solo posto.
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