Esiste un “lato buono” di una tragedia? Spontaneamente, diremmo di no. Quando si parla di urbanistica, di città e di luoghi che hanno subito trasformazioni epocali e spesso improvvise, come i terremoti, a volte nella ricostruzione di queste terre c’è una propensione a fare meglio, a rinforzare e rinnovare. Posiamo lo sguardo sulla storia: dopo il 1755, una devastata Lisbona riguadagnò la sua bellezza con una enorme opera urbanistica. Lo stesso avvenne a Reggio Calabria dopo il 1908, che si dotò del lungomare più bello d’Italia. E parimenti discorso può farsi per Grammichele, perla siciliana per la verità poco nota, ma la cui ricostruzione dopo il devastante sisma della val di Noto del 1693 fu l’occasione per trasformarla in un luogo che ha pochissimi eguali nel Bel Paese. Il motivo? Lo scopriamo tra poco!
Partiamo da Augusta, importante città marittima a metà strada tra Catania e Siracusa. Uscendo dalla città, seguiamo la SS193 in direzione della E45/SP97, che percorriamo fino all’uscita di Lentini. Da qui, muoviamo sulla SS114dir e SS194 fino a Carlentini. Proseguiamo sulla SP67/SP68, costeggiamo la sponda sud del lago di Lentini lungo la SP16 e da qui SP28i fino a Scordia. Riguadagniamo il fuori città percorrendo la SP29 e prendiamo la SS385 in direzione di Palagonia, che costeggiamo soltanto. Continuiamo sulla Statale 385 fino al bivio di Mulino Badia, poi SP33 che ci porta fino a Grammichele. Il viaggio non è ancora finito: dopo la visita alla “città geometrica”, continuiamo sulla SS124 per poco meno di 15 chilometri, fino ad arrivare a Caltagirone, la città della ceramica in Sicilia.
Piazza Carafa a Grammichele, il grande esagono che segna il punto centrale della città
C’era una volta Occhiolà, un piccolo abitato medievale sormontato da un grande castello, che fu devastato dal terremoto della Val di Noto dell’11 gennaio 1693. Oltre alle 60mila (e più) vittime di una delle tragedie che ha segnato per sempre la storia della Sicilia, il potentissimo sisma distrusse buona parte di Catania, Modica, Ragusa, Lentini, Siracusa. Città che oggi conosciamo per la loro straordinaria bellezza, ma la cui architettura è in larga parte successiva al fenomeno. Ma tornando ad Occhiolà, la distruzione fu talmente estesa che Carlo Maria Carafa, principe di Butera e della Roccella, decise che sarebbe stato meglio ricostruire tutto da zero.
Spostò di un paio di chilometri l’antico abitato, chiamò i migliori architetti ed esperti dell’epoca e fondò quella che sarebbe divenuta Grammichele. Ma cosa rende questa città così diversa da tutte le altre della zona? La sua pianta geometrica perfetta, il cui epicentro è una piazza dalla forma esagonale, dalla quale irradiano strade perpendicolari e circolari, ai cui incroci troviamo ulteriori piazze, che danno via a “quartieri nei quartieri”. Insomma, una sorta di stella che la rende simile, ma non uguale, a Palmanova in Friuli-Venezia Giulia, altro esempio di architettura geometrica, qui però con una specifica funzione militare.
Se la pianta di Grammichele è ispirata alla geometria, quasi a volervi spingere a tornare sui libri di scuola, non mancano però i singoli luoghi di interesse che meritano una visita. L’ottocentesco Palazzo Comunale, opera dello stesso Carlo Sada che progettò il teatro Bellini di Catania, è un esempio di architettura neoclassica con le tipiche volumetrie siciliane. La Chiesa Madre, a esso vicinissima, è un mix di stili che includono dettagli barocchi, neoclassici (soprattutto all’interno) e dorici. Interessante è anche la presenza, da Piazza Carafa alle altre piazze circostanti, di installare sette meridiane od orologi solari che ricordano il ruolo del sole nella vita sociale e lavorativa del passato.
Una vista omnicomprensiva su Caltagirone, la città siciliana delle ceramiche d’arte
In origine era la Regina degli Erei, ma oggi Caltagirone è conosciuta soprattutto per la ricchezza della sua produzione artistica, i colori e le forme che vengono dati alla tipica ceramica locale. Questa città di 35mila abitanti, che sin dal 2002 è nel novero delle Città tardo barocche della Val di Noto riconosciute come Bene protetto dall’UNESCO, è caratterizzata da un tipico stile tardo-seicentesco e settecentesco, che si racconta attraverso decorazioni, stucchi e per l’appunto ceramiche. Come quelle che decorano la lunga e monumentale scalinata di Santa Maria del Monte, considerata un luogo di assoluto pregio nel tessuto urbano.
Infine, merita una sosta anche Scordia, con le numerose chiese anch’esse in stile barocco e le tradizioni religiose che si manifestano sotto forma di importanti riti culturali, tra cui il Triduo pasquale e la festa patronale, il 16 agosto, di San Rocco.
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