Tra le montagne dell’Alto Adige c’è il luogo dove si dice che due giganti abbiano modellato le cime litigando. Qua sorge San Candido, un borghetto stupendo in provincia di Bolzano (Bozen) che al di fuori delle leggende popolari ne ha una vivente che ha scambiato gli sci con la racchetta e ha conquistato il mondo del tennis. Qui a San Candido, o meglio a Innichen per i tedeschi, Jannik Sinner c’è cresciuto, tra vicoli silenziosi e dei boschi da fiaba; forse fu il carattere fiero delle montagne o forse il richiamo di una passione che non poteva ignorare, e così questo piccolo borgo delle Dolomiti diventa il primo capitolo di una storia che oggi ispira in molti ad amare il tennis. Pronti, Trueriders?
Per raggiungere San Candido da Santo Stefano di Cadore vai verso nord lungo la Via S. Candido (SS52) nel mezzo delle Dolomiti e seguendo il tracciato della statale. Proseguendo sulla stessa direttrice svolta poi a sinistra imboccando la Via VI Novembre (SS52). Da qui continua sulla strada principale fino a una svoltarella a destra che ti porta su Via Matthias Schranzhofer, che poi diventa Via Peter Paul Rainer. Arrivato qui ti manca una svolta a sinistra che ti porta su Mantinger Str., che è l’ingresso al borgo di San Candido.
Da San Candido vai verso nord-est percorrendo Mantinger Str. fino a imboccare la Strada Statale 49 della Pusteria (E66) andando a destra. Continua sull’arteria panoramica fino al bivio per Via San Silvestro, e lì vai a sinistra. Poco dopo devi invece andare a destra e arrivi a Prato Alla Drava.
Le strade principali di riferimento lungo il percorso sono la SS52 e la Strada Statale 49 della Pusteria (E66).
Per l’itinerario diretto (e dinamico) su Maps tocca qui.
Collegiata di San Candido
San Candido (Innichen) ha secoli di storia e qualche leggenda. Origina dal IV secolo a.C. con la zona abitata dai celti, un passato antico ancora ben visibile grazie ai musei; una prima svolta per San Candido arriva nel 769 d.C. quando il duca Tassilone III di Baviera fa dono di grossi territori della Val Pusteria all’abate Atto di Scharnitz per un motivo preciso: fondare un monastero benedettino. Questo insediamento religioso serviva a due cose: centro spirituale in prims, punto nevralgico per convertire le popolazioni slave pagane come secondo, quelli che abitavano le vicine terre della Carinzia. Quindi nasce il monastero di San Candido, grande simbolo della cristianizzazione delle Alpi orientali (e della crescita culturale della zona).
Nel 783 Atto di Scharnitz viene nominato vescovo di Frisinga e San Candido passa alla giurisdizione di quel vescovado, una relazione che dura mille anni (fino al 1803). In questo periodo il monastero benedettino diventa una collegiata nel 1140, e nel 1303 San Candido ottiene il privilegio di comune mercantile, cosa che stimola l’economia. Nel Medioevo San Candido fiorisce in modo molto pesante come centro di commercio e religione, visto che sta(va) in mezzo ai maggiori percorsi che si attraversa(vano) le Dolomiti. Ma c’è qualcos’altro da sapere..
Il nome in tedesco della Rocca dei Baranci è Haunold e deriva probabilmente dal cognome di un certo Hunolt, proprietario dei boschi sotto la montagna. Prima che te lo chiedi, è la vetta più alta del gruppo Rondoi-Baranci, alto 2.966 metri, e la sua parete nord si domina San Candido.
C’è però una leggenda che fa risalire il tutto ad una lotta fra giganti: Hauno aveva un’orda che ha devastato la Pusteria e prima di andarsene lascia un po’ di truppe vicino a Sillian per costruire l’attuale castello Heinfels. Per aiutare i pusteresi appare dai boschi un gigante di nome Huno per conquistare il castello: la guerra fu sanguinolenta e si risolve nella lotta fra Huno e Hauno, in cui si lanciano i massi e scolpiscono le Dolomiti. Huno poi va sotto la Rocca dei Baranci e costruisce il monastero di San Candido, sempre secondo la leggenda… per poi venire assassinato dai valligiani perché richiedeva troppo cibo.
Ogni tanto i due giganti li ritrovi raffigurati nelle case o in giro, anche per ristoranti, ma di quelli ne parliamo dopo.
Collegiata di San Candido (da dietro). milosk50 / Shutterstock.com
Cosa vedere a San Candido? Storia, cultura e tante bellezze naturali: ovviamente la prima della lista è la Collegiata di San Candido (conosciuta pure come Duomo di San Candido), un capolavoro romanico del XIII secolo che rappresenta uno dei più importanti esempi di architettura religiosa dell’Alto Adige. Nella piazza principale c’è la Chiesa di San Michele Arcangelo, che invece è in barocco ed è del XVIII secolo, con una facciata molto elegante e interni decoratissimi.
Discostandoci dalle chiese, però, chi ama un po’ la storia o la geologia diventa felice direttamente col Museo Dolomythos pieno di fossili, minerali e racconti mitologici che raccontano delle origini delle Dolomiti. Rimanendo in tema se vai qui per il contatto con la natura c’è il Monte Baranci che offre scenari stupendi sia in estate che in inverno. Durante la stagione fredda più che altro è una meta preferita dagli sciatori mentre in estate lo è degli escursionisti, visto il Fun Bob che è indicato per andarci in famiglia. Sulle stesse righe c’è il Villaggio degli Gnomi, sempre sul Monte Baranci, con le sculture di legno e percorsi tematici per i bambini.
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Altra cosa da non perdere, famosissima in zona, è la ciclabile San Candido-Lienz. È un itinerario che si fa 44 km sul fiume Drava, accessibile a tutti, specie perché c’è il ritentro comodo comodo col treno. Poco fuori dal centro però ci sono i Bagni Wildbad, ossia un antico stabilimento termale immerso nel verde (e/o nel bianco).
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Se non sai dove fermarti a mangiare e cosa, considera che la scelta non ti manca. In primis, il cosa: canederli col pane raffermo, speck ed erba cipollina, serviti in brodo o con burro fuso (famosi in tutto il Nord, ma rari al Centro-Sud, potresti non conoscerli). Qui vanno forti gli schlutzkrapfen, ravioli di magro a mezzaluna, e gli Spätzle, gnocchetti irregolari che fanno panna e speck. Spesso trovi i tirtlen, sfoglie fritte con dentro ricotta / patate e il grostl che è un piatto speziato di patate e carne. Senza nominare l’ormai ovvio speck dell’Alto Adige e tante formaggelle di montagna.
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