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Visto dall’alto ha la forma di un’arpa, o almeno questo si pensa come origine del suo nome. Eppure Arpino, che di cultura ne ha avuta decisamente non poca, ne ha persa molta: è stata al centro di una marea di guerre, di conquiste e di sconquiste. E pure di un eccidio nella Seconda Guerra Mondiale, purtroppo; ma da qui provengono un sacco di figli illustri. Cicerone, Caio Mario, Giuseppe Cesari, Marco Vespasiano Agrippa, et alii; coi saluti di un arco stupendo a darti il benvenuto, è un borghetto a forma di X con 4 quartieri e molta storia preromana, romana, medievale e rinascimentale. Non faremo una lezione di storia come effettivamente meriterebbe, la Città di Cicerone, ma qualcosa la nominiamo: storia a gogo, come i tornanti poco prima di arrivare. Andiamo, TrueRiders?
L’itinerario di oggi parte un po’ in zona, da Cassino. Per cominciare devi prendere la SR509 e la SSV Sora-Cassino in direzione di Broccostella. Imbocca l’uscita per Broccostella/Sora Sud e vai verso Via Madonna della Stella. Continua su Via Pietro Nenni finché non arrivi al borgo di Arpino: poco prima ci sono bei tornanti su Via di San Francesco e per arrivare all’entrata storica con la porta medievale di Arpino becchi prima il Convento San Lorenzo e a pochi metri (sulla salitina) la Chiesa di Sant’Anna.
Dopo che ti fai il giro ad Arpino devi andare verso Isola del Liri e farti Via Bruno Carloni, poi ti prendi Via Napoli/SR82 e svolti su Via Lungoliri Pirandello. Prosegui sulla SP278 e poi sulla SR214 per arrivare all’Abbazia di Casamari, architettura gotica cistercense immersa nel verde. Dall’Abbazia devi continuare sulla SR214 e seguire le indicazioni per Castelmassimo e prendendo poi l’uscita per Frosinone. Prosegui lungo Via Casamari e goditi il centro di Frosinone.
Le strade principali di riferimento lungo il percorso sono la SR509, la SSV Sora-Cassino, la SR214 e la SP278.
Per l’itinerario diretto (e dinamico) su Maps tocca qui.
L’Arco a sesto acuto che dà il benvenuto ad Arpino. stefano cellai / Shutterstock.com
Gli Arpinati da sempre sono stati uomini d’arme, per un motivo o per l’altro. C’è stato un grosso periodo in cui principalmente lavoravano nell’industria della lana, tant’è che Arpino era diventato nell’Europa del tempo come sinonimo di infervorata città industriale, ma quello è del Rinascimento. Eppure Arpino, la Città di Cicerone in provincia di Frosinone, ha dato i natali a molti uomini importanti a livello storico e a livello di guerre. C’è Cicerone, Caio Mario, Marco Vespasiano Agrippa, Giuseppe Cesari (il Cavalier D’Arpino), San Francesco Saverio Maria Bianchi, Pasquale Rotondi ed altri.
Eppure le origini di Arpino fanno l’amore con la leggenda che narra sia stata fondata dal dio Saturno, protettore delle messi, come altre città della Ciociaria. Tracce di ex popolazioni, dai mitici Pelasgi che han costruito le mura ciclopiche, ai Volsci che effettivamente ci si insediano nel VII secolo a.C; a seguito vengono (armati) i Sanniti e poi arriva Roma nel 305 a.C. e diventa importante centro militare e culturale che irradia la civiltà romana nella Valle del Liri.
Ottiene il diritto di voto romano passando da civitas sine suffragio a civitas cum suffragio per il quantitativo di uomini che offre nella guerra contro Annibale: qui ci nasce Caio Mario, generale romano sette volte console, che come eredità aveva lasciato un territorio esteso fino a Casamari, seppur con l’Impero iniziò un declino. Di ancora visibile ci sono le mura megalitiche e lo stupendo arco a sesto acuto dell’Acropoli di Civitavecchia.
Il problema è che dopo l’anno mille, col dominio dei normanni, arrivano gli Svevi. Tra Federico II e Corrado IV le distruzioni si son sentite ma sotto Corrado si finisce con un incendio che cancella molte vestigia romane che sarebbe stato bello poter vedere, tant’è che i superstiti sono dovuti andarsi a rifugiare a Montenero.
Fast forward, rinascimento col Rinascimento, merito degli Angioini: nuovi forti, inclusi i castelli di Civitavecchia e Civita Falconara, e Arpino diventa un bel feudo sotto gli Etendard, i Cantelmi, i d’Avalos e pure i Boncompagni, ma con loro diventa parte del Ducato di Sora e arriva allo splendore massimo con l’industria laniera che la rende famosa in tutta Europa. Declinò a livello economico causa Unità d’Italia, migrazione, e pure perché in Seconda Guerra Mondiale subisce l’eccidio di Collecarino nel 1944 dai tedeschi contro cittadini inermi.
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L’Acropoli di Civitavecchia di Arpino è un ottimo esempio di architettura megalitica. Le mura ciclopiche dell’ottavo secolo a.C., dominate dall’arco a sesto acuto, è tutta da vedere. Qui c’è la storia dei Volsci e delle altre civiltà che qui si sono sviluppate, qui ci sono passate o che qui hanno dominato. La Torre di Cicerone la trovi qua dentro, e il panorama sulla Valle del Liri… lo puoi ben vedere.
Torre di Cicerone, Arpino. Giambattista Lazazzera / Shutterstock.com
Partiamo dal dire che su 4 propaggini ci sono 4 quartieri: Colle, Civita Falconara, Arco e Ponte. Fanno una X per unirsi a Piazza Municipio, cuore di Arpino. Sulla parte alta dell’Acropoli di Arpino, chiamata in effetti Civitas Ciceroniana già nel 1581, ci sorge la Torre di Cicerone che è legata alla tradizione che la vuole parte della residenza della famiglia dei Tulli, antenati di Cicerone. Conserva tracce delle origini medievali con tanto di feritoie e ruolo importante nel sistema difensivo del borgo di Civitavecchia, organizzato comunque sulle vecchie mura ciclopiche con tanto di fossati e torrioni vari. Come anticipato prima tra gli attacchi di Federico II e Corrado IV ha subito bei danni, poi rimessa a posto nel periodo angioino, ma si rileva qua un vecchio castrum medievale sviluppato tutt’attorno alla Torre.
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Come si chiama il castello di Arpino? Si chiama Castello di Ladislao, ed è la sede della Fondazione Umberto Mastroianni. Costruzione che risale al XIII secolo sulla collina di Civita Falconara, col nome che viene da Ladislao I, re di Napoli, dei d’Angiò. Ci risedé la corte, al tempo, ma nei secoli successivi è stato abbandonato, distrutto e ricostruito, finché dal XVIII secolo non diventa uno dei più grandi lanifici di Arpino, dei Ciccodicola.
Con la crisi industriale diventa prima un Istituto per gli orfani del lavoratori, poi ospedale militare, poi tecnico industriale per i chimici fino all’85. Da lì Frosinone lo acquista, lo recupera e diventa la sede espositiva e centro congressi.
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Il Museo della Liuteria di Arpino del ’93 è tutto sulla prestigiosa tradizione liutaia della città, specie l’operato di Luigi Embergher e Domenico Cerrone. Sta in mezzo al centro storico a Casa Felluca-Merolle per vedere l’arte della costruzione di strumenti a corda, specie il mandolino “modello romano”. Strumenti musicali, attrezzi originali, disegni preparatori e macchinari usati nella bottega storica di quei due maestri: puoi vedere dalle casse armoniche grezze fino ai prodotti finiti e apprezzare un certo livello di precisione quasi maniacale che han portato i due liutai a livello internazionale: documenti, foto e riconoscimenti importanti stanno tutti qua.
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La Chiesa di San Michele Arcangelo sta anch’essa nella piazza principale. Fa da ponte tra antichità e cristianesimo: si ritiene che l’edificio sorga sul sito di un antico tempio pagano dedicato ad Apollo e alle nove Muse, ipotesi supportata dalla presenza di un vano scavato nella roccia con nove nicchie vuote, vano che sta dietro l’altare maggiore. Le origini della chiesa risalgono all’VIII-IX secolo, con affreschi di quell’epoca e una campana datata al 1100.
Vari interventi, specie dopo il terremoto del 1654, da cui proviene l’attuale aspetto barocco. Nella chiesa ci sono varie tele del Cavalier d’Arpino tra cui la rappresentazione di San Michele Arcangelo che sconfigge Lucifero, l’Annunciazione e Tobia con l’Angelo. Ci sono pure le 14 stazioni della Via Crucis, una croce stazionale di scuola toscana del XIV secolo e un pregevolissimo organo del Settecento. Il pulpito e il battistero in legno intarsiato sono opere dell’artigiano Michele Stolz.
Cavalier d’Arpino? Potresti riconoscerlo come Giuseppe Cesari, nato nel 1568 ad Arpino. Straordinario talento artistico, trasferito giovanissimo a Roma, protetto da Clemente VIII e Paolo V che gli affidano commissioni di grosso pregio nelle principali chiese romane e nei palazzi vaticani: ci sono i suoi cicli decorativi nella Cappella Paolina e nella Sala dei Conservatori al Campidoglio.
Il suo è un raffinato tardo-manierismo con un uso magistrale del colore; ha avuto qualche momentaccio in conflitto con un giovane Caravaggio che inizialmente lavorò nella sua bottega. Cavaliere di Cristo, soprannome conferitogli da Papa Clemente VIII, gli valse il soprannome con cui è universalmente conosciuto.
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