Per un momento, a un turista poco attento che percorre queste strade, sembrerà quasi di trovarsi tra le Langhe piemontesi o lungo le colline del Chianti. Eppure, ci troviamo a centinaia di chilometri di distanza, in quella Sardegna che da sempre è nell’immaginario comune per le sue chiarissime spiagge e per il mare azzurro intenso. Anche questo, però, lo lasceremo alle nostre spalle per raggiungere Atzara, uno dei borghi più belli d’Italia, di vino e d’arte possiamo definirlo per la magnifica commistione di questi due elementi. Nevoso d’inverno, coloratissimo d’autunno e ricco di sorprese durante tutto l’anno, questo borgo fa parte della regione detta Mandrolisai, dove c’è la montagna più alta della Sardegna, Punta La Marmora. E dunque, nel giro di appena 60 chilometri, passeremo dalle spiagge di Cabras alle vette intorno ad Atzara, e scopriremo una Sardegna diversa, insolita, unica.
Lasciata Cabras, prendiamo via Tharros in direzione della SP3/SP1 per 5 chilometri, poi SP56/SP54 in direzione di Oristano, che dista poco più di 7 chilometri. Lasciata la città, prendiamo la SS388 del Tirso e del Mandrolisai e raggiungiamo la SP33 che seguiamo per 30 chilometri in direzione di Samugheo. Questa è l’ultima tappa intermedia del percorso: proseguiamo sulla SP33/SP61 per 14 chilometri, fino a raggiungere Atzara, destinazione finale dopo 63 chilometri.
Atzara, un incantevole puzzle di storia, arte e natura. Il suo nome pare derivare da una espressione addirittura fenicia, che vorrebbe dire “luogo sicuro”, e che fa risalire la sua origine al II millennio a.C.
Un must-see è il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea, intitolato ad Antonio Ortiz Echagüe, dove l’arte si fonde con la storia del paese, un dialogo tra passato e presente che affascina e ispira. Al suo interno sono conservate le opere dei costumbristi spagnoli Echagüe e Agüera, che trovarono nello stile tradizionale di Atzara ispirazione per i loro quadri.
La Chiesa di San Giorgio, così come quella di Sant’Antioco Martire, di Santa Maria de Giosso e di Santa Maria de Susu, rappresentano il fulcro di una religiosità tradizionale che vede le sue radici affondare fino al Duecento.
Molto importanti sono poi i siti minerari, come la Sa miniera de su lapis, e quelli archeologici che includono sia domus de janas e nuraghe.
Quella di Atzara e della zona del Mandrolisai è una cucina ricca di prodotti della terra, particolarmente gustosa. Tra i piatti che si possono mangiare nei ristoranti e nelle trattorie del luogo c’è sa tumballa, un timballo di pasta con formaggio, uova e carne di maiale. Sa pudda prena è un piatto con gallina, uova e altri ingredienti, mentre s’ortau è una salsiccia di interiora con pomodoro secco e prezzemolo.
Il territorio del Mandrolisai, che come abbiamo visto è un vero e proprio cuore montagnoso della Sardegna, ben si presta ad essere esplorato su due ruote, grazie ai paesaggi che si spingono ben oltre i 1000 m s.l.m.
Tra i suoi comuni più interessanti c’è Samugheo, una vera e propria “porta” per chi entra in Barbagia, con le sue antiche tradizioni che spaziano dal tessile alla produzione vinicola, un po’ come la vicina Atzara. Qui ci sono siti archeologici, splendide chiese immerse nel verde e l’importante Museo unico regionale dell’arte tessile sarda, dedicato all’esplorazione etnologica di tutta la Sardegna.
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