Il suo destino avverso è stato la sua forza, e oggi è più vivo che mai: Civita di Bagnoregio, il borgo che ha riscritto la storia, era fino a pochi anni fa condannato a essere la Città che muore. Una morte annunciata, a causa dell’erosione del suolo sottostante, che l’aveva relegato a essere un paesino abitato da sole 10 persone. In realtà, la popolazione stabile è rimasta la stessa, non quella dei turisti che lo affollano in ogni momento dell’anno. La ripida salita per arrivarci, la pace e la tranquillità che si respira, l’affascinante panorama tutt’intorno hanno contribuito a gettare su Civita di Bagnoregio una luce proveniente dai quattro angoli del globo, e a riscriverne il destino, con interventi fondamentali di consolidamento. E oggi, è più vivo che mai.
L’itinerario in moto per raggiungere la “Città che muore” è un percorso transregionale che unisce Lazio e Toscana in circa 110 chilometri, da percorrere tranquillamente in circa mezza giornata. Si parte dal pieno degli antichi territori etruschi, con la bella Tarquinia (subito dopo Civitavecchia, la si raggiunge da Roma in massimo un’ora e mezza) e, passando proprio per l’entroterra viterbese, si arriva dapprima a Tuscania e, lungo le sponde del Lago di Bolsena, a Montefiascone. Qui ci si può concedere – se l’orario lo permette – un buon pranzo a base di pesce di lago, prima di ripartire alla volta di Civita di Bagnoregio. Dopo la visita al borgo, che dura 1-2 ore, si riparte in direzione di Bolsena (da ammirare il bel borgo con vista lago) per poi arrivare a Pitigliano, la “piccola Gerusalemme”, così chiamata per la presenza di un ben conservato quartiere ebraico.
Piazza principale di Civita di Bagnoregio con la Chiesa romanica di San Donato
Civita di Bagnoregio, uno dei borghi sospesi più belli d’Italia, si trova nella valle dei Calanchi, una zona di ripidi saliscendi naturali che hanno modificato una originaria valle percorsa da due fiumi (Rio Torbido e Rio Chiaro) tributari del Tevere. Tra argille, tufi e pietre laviche, la zona è facilmente sottoposta ai processi erosivi, ed è per questo motivo che la base su cui regge Civita di Bagnoregio è così a rischio idrogeologico.
Furono già gli Etruschi, e poi i Romani, a deviare i corsi d’acqua e favorire il rallentamento del processo erosivo, ma con il crollo dell’Impero romano queste opere persero la loro efficacia, “condannando” Civita a un disfacimento progressivo. Tra Medioevo e Rinascimento il borghetto fu arricchito di luoghi d’arte come la chiesa di San Donato, che hanno reso questo paesello un vero e proprio museo a cielo aperto, ricco di scorci panoramici di rilievo.
Bella vista della famosa Civita di Bagnoregio con la valle del fiume Tevere nella luce dorata della sera
Ma come si è passati dalla Città che muore al borgo che (ri)vive? Il consolidamento di Civita di Bagnoregio è avvenuto in più fasi e con soluzioni tecnologiche avanzatissime: la creazione di pozzi cavi in cemento armato, con funzioni di bonifica e compattamento del terreno; l’installazione di tiranti di ancoraggio che bloccano la fascia territoriale esterna a maggior rischio di crollo; l’inserimento di chiodi iniettati e via dicendo.
Il grande interesse suscitato dal destino del borgo ha portato a un senso di urgenza nei visitatori, che sempre più spesso raggiungono Bagnoregio (e la sua Civita), attraversando il grande ponte pedonale sospeso per arrivare fino al paese. Il percorso ha un costo di 5 euro, una sorta di obolo che va dritto ai lavori di consolidamento e manutenzione di una realtà tanto bella quanto fragile.
Borgo San Pellegrino, il cuore storico di Viterbo
Civita di Bagnoregio si trova a circa 30 km a nord di Viterbo, lungo il percorso della SR2, e a 15 km dal Lago di Bolsena, splendida meta naturale da scoprire durante una gita fuori porta di 1-2 giorni. La zona dell’alto viterbese, dove il Lazio confina con Umbria e Toscana, si apre a innumerevoli escursioni su due ruote possibili, raggiungendo i vicini borghi di Orvieto, passando per Ronciglione e il Lago di Vico, oppure deviando verso il grossetano, dove ammirare le bellezze naturali della Maremma.
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