Duelli all’ultimo colpo di carena, scontri diretti a oltre 300 km orari sui grandi circuiti di tutto il mondo, adrenalina allo stato più essenziale: tutto questo, e molto altro, è la Superbike, la competizione motociclistica che ogni anno ruba un pizzico di scena al Campionato del mondo di MotoGP. Nata con l’intento di far gareggiare moto simili a quelle di serie, un po’ per far pubblicità alle grandi case e un po’ per far sognare tutti quanti noi di poterci portare a casa un pezzo da competizione, la Superbike oggi ha un seguito enorme, pari, se non superiore, alle competizioni più blasonate. Un vero e proprio fenomeno di costume che accende le tifoserie di tutto il mondo e illumina ulteriormente il mondo sano del motociclismo, facendo forse emergere il suo lato più puro, più genuino.
E oggi, noi di TrueRiders, vi condurremo dentro questo mondo, per farvi scoprire la sua storia e tutte le sue incredibili sfaccettature.
La Ducati 916, una delle moto più emblematiche della SBK degli anni ’90
Steve McLaughlin: un nome che a molti di voi non dirà niente, ma che i veri appassionati di questa particolare competizione conoscono più che bene, se non altro per sapere chi ringraziare per avere sempre un weekend impegnato per diverse settimane all’anno. Parliamo infatti del pilota che ebbe, nei primi anni Settanta, la brillante idea di promuovere le competizioni fra moto derivate dalla serie. Tanto fu il suo impegno che nel 1973 riuscì a organizzare la prima competizione di questo tipo, al tempo chiamata Superbike Production, a Laguna Seca. La formula piacque parecchio, tanto che, nel 1976, negli USA nacque il primo campionato nazionale dedicato alle moto derivate dalla serie, consacrandosi così oggi come il più longevo.
Per diffondersi al livello attuale ci vollero anni, 12 per la precisione: fu infatti nel 1988, dopo l’incredibile successo della gara disputata sul famigerato circuito di Daytona, che la FIM decise di organizzare un campionato mondiale dedicato.
Gli scontri non si fermano neanche in curva
La Superbike è decisamente una delle vetrine più importanti per le case produttrici, forse anche più della MotoGP stessa. Sì perché in SBK si sfidano moto strettamente derivate dalla serie, soprattutto dopo le ulteriore restrizioni del 2015 che hanno imposto l’utilizzo di telaio e leveraggi originali (eccezion fatta per alcuni rinforzi) nonché elettronica e airbox di serie. In altre parole, il meccanismo è il seguente: possono partecipare solo modelli di moto prodotti in un determinato quantitativo (quindi di serie) e con le limitazioni alle elaborazioni come abbiamo appena detto. Risultato: le moto in gara sono molto simili a quelle che potrete andare ad acquistare (con un considerevole esborso di denaro) nel concessionario più vicino a casa vostra. Tutto questo porta, ovviamente, il biker a sognare (e a sborsare) più su una moto del Campionato del mondo Superbike che su un prototipo della MotoGp che, per lui, sarà ovviamente irraggiungibile.
Jonathan Rea è il pilota con il maggior numero di campionati vinti
Ma senza pilota anche la moto più veloce del mondo non percorre neanche un metro e quindi è giusto ricordare i primi tre, tutti nomi che hanno fatto la storia di questa grande competizione. Il primo, per numero di campionati del mondo vinti, è il britannico Jonathan Rea, ben sei volte campione del mondo fra il 2015 e il 2020, sempre in sella a Kawasaki Ninja ZX-10R; lo segue a ruota il connazionale Carl Fogarty, per gli amici “The King”, quattro volte campione nella stagioni 1994, 1995, 1998 e 1999, fedelmente in sella a Ducati, prima con la spaziale 916 e poi con la mitica 996. Il podio si chiude con un altro ducatista della prima epoca, l’australiano Troy Bayliss, tre volte campione in sella a 996, 999 e 1098.
Troy Bayliss in sella a Ducati 999 nel 2007, l’anno dell’amputazione strategica
Questa ve la devo proprio raccontare, soprattutto a chi, magari perché troppo giovane, non ha vissuto la superbike di inizio secolo. Siamo nel 2007 e Troy Bayliss è ancora carico per aver vinto il suo secondo campionato l’anno precedente. Circuito di Donington Park: in gara 1 la lotta è particolarmente accesa ma, alla curva Coppice, Troy perde il controllo della sua Ducati e scivola rovinosamente. Tutto bene per lui, moto un malconcia ma fortunatamente c’è la seconda a disposizione. Se non fosse che, una volta tolto il guanto destro, nota che il mignolo è veramente malconcio. Va in infermeria, gli propongono una steccatura e gara 2 finita alle ortiche.
Ma Troy non ci sta: si accorda con il medico e concordano insieme di amputare il mignolo, così da poter correre gara 2 prendersi così una meritata rivincita. Insomma, un classico esempio di quando si è pronti a dare tutto per lo sport che si ama!
Credit foto:
Superbike – Wikipedia
Troy Bailyss – Wikipedia
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Garfagnino DOC e Sardo di adozione, sono uno storico dell’arte (da qualche anno) e biker sin dalla più tenera giovinezza. Ho iniziato a collaborare con TrueRiders nel 2023 per mettermi in gioco nel campo della scrittura e ho voluto cominciare scrivendo di qualcosa che amo particolarmente: la moto e tutto ciò che le ruota attorno.
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