Il Lazio è ricchissimo di borghi protagonisti della scena turistica della regione. Da quelli più in alto come Cervara, passando per le terrazze panoramiche dei Castelli Romani, ce ne sono alcuni che invece sono diventati – loro malgrado – famosi per un passato meno fortunato che oggi è stato convertito in opportunità. Ne sono un caso specifico Celleno e Roccalvecce, rispettivamente conosciuti come borgo fantasma e borgo d’artista. Storia uno, arte l’altro. Due storie parallele ma che si intersecano nella volontà di dare nuova vita a un territorio di provincia, quello dell’Alto Viterbese, caratterizzato da tante ricchezze in bella vista e altrettante nascoste.
Lasciata Acquapendente (facilmente raggiungibile dalla A1, uscita Orvieto), prendiamo la SR2 per circa 10 km, in direzione di Val di Lago. Costeggiamo così le sponde fino a raggiungere Bolsena, dove ci godiamo una prima sosta su uno dei laghi più belli del Lazio. Da qui, il percorso lungo la SP53/SP54 che porta a Civita di Bagnoregio (13 km) è abbastanza lineare, in un contesto di aperta campagna senza particolari difficoltà per la guida. Proseguiamo lungo la SP6/SP11 fino a Cava e deviamo per Celleno (14 km), mentre l’ultimo tratto di strada per Roccalvecce è lungo la SP18 (16 km). Da qui si può riprendere la A1 ad Attigliano, per tornare verso Roma o proseguire in direzione nord.
36 murales, che raccontano un viaggio nel paese delle fiabe. Non è quello di Alice, ma Sant’Angelo di Roccalvecce. Un borgo che fino a una decina d’anni fa era stato dimenticato dalla modernità, ma che oggi rivive grazie a un importante lavoro di artisti che hanno dipinto strade, palazzi e vecchie case in un lungo percorso che, passando per il centro storico, realizza un itinerario senza soluzione di continuità tra la direttrice Teverina – Grotte Santo Stefano. Il progetto, voluto da Gianluca Chiovelli, è nato nel 2016 e ha trasformato il borgo in un luogo apprezzatissimo dai visitatori.
Tra le opere di questi artisti, molte richiamano libri celebri come Pinocchio, Il giro del mondo in 80 giorni, Cenerentola, Peter Pan, I musicanti di Brema, Hansel e Gretel, Biancaneve e La bella e la bestia.
Somiglia molto alla vicina Civita di Bagnoregio (14 chilometri appena), ma Celleno ha avuto solo negli ultimi anni parte di quel successo che la città che muore sperimenta ormai da tempo immemore. Eppure, ha tutte le carte in regola per far innamorare i turisti: splendidi edifici in pietra tufacea e basalto, una rupe panoramica che si aggrappa su un costone di roccia circondato a 360 gradi dalla natura, archi, torri e giardini urbani. E loro, le ciliegie, presenza irrinunciabile e golosissima che nei mesi primaverili rende ancor più sfiziosa questa località del viterbese. A volerne il recupero, dopo un lungo abbandono, sono stati Comune e Regione Lazio, che si sono avvalsi della collaborazione di associazioni, start-up e università, dando una decisa spinta agli studi sulla storia di Celleno e sulle caratteristiche geologiche del territorio.
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