Piove. Questo viaggio, nell’agosto del 2016, in moto da Roma fino alle “Terre Alte”, ci riserva una fitta compagnia di acqua dall’inizio alla fine, con qualche raro scorcio di asciutto tanto per scaldare un po’ le ossa preda dell’umido e di certo, se volessi raccontare la “mia” Scozia in moto in poche parole, queste sarebbero infine: pioggia, castelli, magia.
Se vuoi andare in Scozia la pioggia devi proprio metterla in conto, non a caso questo Paese è considerato uno dei posti più piovosi in Europa. Eppure molto del suo fascino lo deve proprio al meteo, che avvolge con una nebbia sottile gli scuri palazzi di Edimburgo, i castelli sul mare, le sconfinate Highlands. In moto la Scozia si conquista, chilometro dopo chilometro, terra aspra e bellissima che si svela solo a chi ha il coraggio di sfidarla.
I castelli scozzesi poi sono quanto di più potente si possa immaginare. Arroccati su promontori che sfidano le acque turbolente dell’oceano, pietra scura, ognuno di essi cela leggende e misteri che si rincorrono tra le mura possenti: dal castello di Edimburgo, che domina terrifico la città dall’alto di una collina rocciosa, al Dunnottar Castle, la cui legenda racconta il fantasma di una giovane donna avvolta in un tartan verde che si aggira tra le sue stanze alla ricerca disperata del figlio; dall’Urquhart castle, il più grande castello medievale di Scozia, che si erge sulle acque di Lochness sorvegliato da una enorme catapulta, ancora lì dopo secoli, quasi a difenderlo dall’aggressione improvvisa del mostro, a quello di Inverness, con la statua di Flora Macdonald, leggendaria eroina scozzese, fino all’Eilean Donan castle, forse il più famoso di tutti, suggestiva location di molti film, costruito su un isolotto alla confluenza del Loch Duil come baluardo contro le scorribande vichinghe. Arrivare in moto attraverso strade deserte che si snodano tra l’erica e le colline solcate da torrenti e piccole cascate è una delle esperienze più emozionanti che abbiamo fatto nei nostri viaggi.
E la magia, in Scozia, non ci abbandona mai: la respiriamo costeggiando Lochness fradici di pioggia, e mentre ci regaliamo le foto di rito sulla riva battuta dal vento ci guardiamo un po’ le spalle, perché non è poi così sicuro che il mostro non esista! Ci avvolge quando arriviamo a Dunnet Head, “the most northerly point” spazzata dal vento; mentre percorriamo la strada che da Inverness attraversa le Highlands ricoperte di erica e di muschio fino a Ullapool e hai la sensazione che gli Elfi ti stiano spiando tra i sassi. È magica l’atmosfera che ci avvolge quando arriviamo ai piedi dell’Old man of Storr, il pollice del gigante, come narra la legenda, pinnacolo basaltico alto 55 metri, e lo sguardo si apre su tutta l’isola di Skye, tra mare e nuvole.
Piove. Parcheggiamo la moto nel cortile del pub di Fort August ed entriamo gocciolanti nelle nostre tute antipioggia, lasciando una pozza di acqua vicino alle sedie che occupiamo. “Non è un buon giorno per andare in moto”, scherza il tipo al bancone spillando la pinta di birra.
“In Scozia non è mai un buon giorno per andare in moto”, o forse no!
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