C’è un angolo dell’Appennino tosco-emiliano che riesce a catturare l’attenzione del visitatore su due ruote con qualcosa in più delle “semplici” curve: è la Valle dei Cavalieri. Il nome già tradisce l’attrattività fatta di manieri ormai decadenti, di antiche tradizioni riportate ai giorni nostri e alle giostre cavalleresche che si tenevano sotto lo sguardo delle inarrivabili dame di castello.
Un luogo fiabesco, sicuramente per i più storici tra i nostri amici Riders, che tocca un antico tratto di una strada romana e ripercorre la vicenda umana, politica e religiosa di Matilde di Canossa. Dieci borghi, le cui propaggini emergono da valle fluviali, ognuno con un fortilizio o un castello che in passato serviva a proteggersi da scorribande e nemici giurati.
Oggi, un luogo da visitare con la certezza della pace e la sorprendente bellezza di due vallate divise tra Toscana ed Emilia-Romagna, ma contigue e quasi indistinguibili se non per effetto dell’onnipresente toponomastica civile.
Breve, ma ricco di magnifiche suggestioni di montagna, l’itinerario motociclistico della Valle dei Cavalieri impiega un’ora e mezza e poco più di 50 chilometri. La partenza è fissata a Succiso, non lontano dal confine tosco-emiliano e dal Passo del Cerreto.
Costeggiando per larga parte il Torrente Liocca, si affronta un primo tratto di 13 chilometri in direzione di Castagneto. Da seguire la Provinciale 15, con interessanti tratti in dislivello e curve che toccano Cecciola, Enzano e Lugolo.
Ad attendere il viaggiatore un secondo tratto di eguale lunghezza, quello che porta a Ranzano. Scenografico e suggestivo, il tratto della Provinciale 103 che attraversa Taviano è il più bello di tutta la vallata. Si arriva alla confluenza del Torrente Enza e si prosegue verso nord lungo la Provinciale 665 per arrivare a Ranzano. Da qui, l’avventura lungo la Valle dei Cavalieri fa una deviazione a ovest, toccando i Tre Laghi e arrivando a Lalatta (via Val d’Enza) in 4,8 km.
S’inizia la ridiscesa verso sud: prossime tappe Selvanizza (SP665, 7 km) e Palanzano, dove si arriva in pochi minuti. Sfiorando il Grande Faggio del Mezzogiorno, si prosegue poi per Vairo (5,6 km) e Vaestano (1,7 km). L’ultimo tratto conduce infine a Montedello, lungo la Provinciale 111 (4,2 km).
Il percorso che attraversa la Valle dei Cavalieri è foriero di un viaggio nella storia. Si ripercorrono così le radici di una zona che, almeno in questa denominazione, risale circa all’anno Mille. Pare che, anche se sottoposte al controllo del vescovo di Parma, queste località fossero in realtà in mano a un patriziato nobiliare, ovvero a quei combattenti laici della città emiliana che qui avevano dei possedimenti “di campagna”.
Pare che una certa influenza sulla zona la ebbe anche Sigifredo di Lucca, che si spostò dalla Toscana all’Emilia e gettò le fondamenta della Rocca di Canossa, sulla quale poi avrebbe regnato Matilde. Una figura leggendaria, contessa di Mantova e protagonista dell’umiliazione dell’imperatore Enrico IV nella lotta contro Papa Gregorio VII.
Tutto il territorio tra le due regioni continuò per secoli a vivere con un sistema feudale, anche contro le città repubblicane del Nord Italia, ma il regno cavalleresco sulla vallata cessò intorno al Cinquecento, seguendo poi le vicende di Parma e Reggio Emilia.
Ufficiosamente, la “capitale” della Valle dei Cavalieri è Palanzano. Qui risiedeva il commissario valligiano. Il castello di Castione, o torri dei Castiglioni, si trova nella frazione di Zibana e risale almeno alla prima metà del Quattrocento.
Molto particolare è la storia di Succiso di Ramiseto, una frazione con appena un centinaio di abitanti. fu progressivamente abbandonata nel 1955 dopo una frana e oggi la parte più abitata è quella di Succiso Nuovo.
Belli gli scorci di Vairo Superiore, ormai spopolato e con le antiche case e monumenti circondati dal verde. Magnifico è lo scorcio di Montedello, frazione di Ventasso. È un piccolo borgo in pietra, con appena 15 abitanti stabili, bagnato dal torrente Enza e protetto dalle cime frondose degli Appennini. Passeggiare sui suoi vicoli acciottolati è come fare un viaggio indietro nel tempo.
A Palanzano, sulle sponde del Monte Fageto (1281 m s.l.m.) si trova un grande albero secolare, che viene detto Faggio del Mezzogiorno. Non si capisce bene l’origine di questo nome, ma quello che conta davvero è la bellezza del faggio, una pianta antichissima che si raggiunge percorrendo a piedi un sentiero panoramico immerso nel verde. Qui la vista spazia a 360 gradi su un contesto naturalistico di pace e serenità.
La cucina del reggino, e di riflesso anche della Valle dei Cavalieri, è un concentrato di sapori forti e autentici, preparati dalle sapienti mani di uomini e donne che interpretano i classici della tradizione. L’immancabile erbazzone è una pizza ripiena di erbe, tipica della cucina contadina e di origine povera. Un po’ come lo gnocco fritto, che viene servito con i salumi.
Tra i primi piatti c’è imbarazzo della scelta, dai cappelletti ai tortelli verdi (ripieni di un pesto di spinaci, bietole e ricotta) o di zucca. Tra i secondi da provare il coniglio alla reggiana e l’arrosto ripieno di frittata, pancetta e spinaci.
Per i più golosi, molti anche i dolci: la torta di riso, la zuppa inglese e il rasadel da acqua, un biscotto semplicissimo da pucciare nel latte, tè o anche nel vino.
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