Un luogo simbolo delle Dolomiti in tutta la sua bellezza e, d’altro canto, anche in tutta la sua fragilità. Un’oasi di colore immersa nel verde, quasi un arcobaleno che la luce del sole inonda di mille sfumature, dal verde chiaro al blu più scuro, mentre la corona di montagne e i fitti boschi tutt’intorno vi si rispecchiano. Nel Trentino-Alto Adige, regione da sempre foriera di grande soddisfazioni per i (moto)turisti, incontriamo quasi per caso, e sicuramente per magia, il Lago di Carezza. Una realtà che non ha certo bisogno di presentazioni, forse sì di qualche spiegazione o approfondimento.
L’itinerario più gettonato dai motociclisti inizia da Cortina d’Ampezzo. Lasciato il centro cittadino, prendiamo la SR48 in direzione ovest, che corrisponde alla salita del Passo Falzarego, ma senza proseguire per la Valparola. Proseguiamo verso Pieve di Livinallongo, poi continuiamo in direzione di Canazei superando il Passo Pordoi ed entrando così in territorio trentino tramite la SS48. La stessa statale ci accompagna per un tratto lungo la Val di Fassa, ma appena giunti a Vigo di Fassa deviamo sulla SS241 in direzione di Carezza, che superiamo, fino a raggiungere il lago di Carezza tappa ultima del nostro itinerario di 84 chilometri.
Nonostante le Dolomiti non siano manchevoli in fatto di laghi spettacolari, il lago di Carezza è unico nel suo genere. Questo piccolo bacino, che cambia e di molto dimensioni e profondità a seconda delle stagioni (di norma è lungo circa 300 metri e largo 140, con una profondità tra 6 e 17 metri), è caratterizzato dai colori molto intensi e variegati delle sue acque. I colori infatti variano tra l’azzurro e il verde, che sono dati dagli spettacolari riflessi dati dal cielo e dagli alberi che lo circondano, la cornice ideale per una foto degna di un quadro. I ladini chiamano questo luogo con il nome di lago dell’Arcobaleno per ricordare i colori che vi si trovano all’interno.
Tuttavia, c’è anche una leggenda spiegata in diversi cartelli e dépliant della zona che vuole spiegare lì perché di questo nome quasi degno di una foto. Si narra che lo stregone del Latemar fosse innamorato di una bellissima giovane che abitava nei pressi del lago, la ninfa Odina. Con il passare del tempo il mago provò in tutti i modi per conquistare il suo amore. Tuttavia, sembrava che qualsiasi suo tentativo risultasse vano agli occhi della fanciulla ma egli non si rassegnò finché non decise di darle il più spettacolare dei doni.
Il mago quindi racchiuse fra le sue mani l’arcobaleno e glielo porse, ma anche stavolta la ragazza rifiutò. Allora il mago capì che non avrebbe mai avuto il suo cuore ma non voleva che il suo amore si perdesse fra le fauci del tempo. Per fare in modo che tutti i visitatori di quel luogo conoscessero la sua storia e capissero il suo dolore decise di afferrare l’arcobaleno e di gettarlo nel lago, in modo che per sempre il Lago di Carezza ne assumesse i suoi colori. Anche se non ci sono prove che la leggenda sia vera, oggi si può che il nome ‘Lago Arcobaleno’ sia il più adatto a questo luogo degno di una fiaba.
I panorami estivi di Moena e la zona circostante
La bella località di Nova Levante/Welschnofen, entro la quale insiste il lago di Carezza, fu tra fine Ottocento e inizio Novecento uno dei più importanti luoghi di villeggiatura per l’aristocrazia austroungarica, tra cui l’imperatrice Sissi. Moena, detta anche la fata delle Dolomiti, è una rinomata località alpina non lontana dalle vette della Marmolada, dove assaggiare il celebre formaggio puzzone, così chiamato per l’odore intenso.
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