Un monte alto 4.300 metri, appartenente alle propaggini orientali delle Montagne Rocciose, negli USA, affacciato sul grande centro urbano di Colorado Springs e contornato da vette imponenti e appuntite: è il Pikes Peak.
Il suo nome, letteralmente la Cima di Pike, è famoso in tutto il mondo per la straordinaria cronoscalata che si tiene sulle sue pendici ogni anno, ormai da più di un secolo. Un percorso sinuoso e spigoloso, della lunghezza totale di circa venti chilometri, che conduce i piloti più temerari e coraggiosi direttamente tra le nuvole.
L’agognato traguardo, infatti, si posiziona a ben 4.300 metri sul livello del mare, ad un’altitudine per molti versi impensabile da affrontare senza la necessaria preparazione e l’equipaggiamento adatto.
La pista del Pikes Peak non è solo per la cronoscalata, bensì è accessibile tutto l’anno, neve permettendo, ed è sufficiente pagare il pedaggio, pari a circa venti dollari, per raggiungere il tetto delle Rocky Mountains comodamente seduti in sella, tra panorami spettacolari e scorci indimenticabili.
Nel cuore degli Stati Uniti d’America, dove le immense praterie dell’area orientale si increspano e i rilievi diventano più aguzzi; nel punto in cui lo sguardo, abituato a sconfinate distese, prima verdi poi brulle, incontra il possente ostacolo dei versanti montuosi alti e scoscesi, ha inizio la ripida impennata altimetrica che conduce alle Montagne Rocciose.
Le Rocky Mountains si snodano su un percorso di oltre 4.800 chilometri, estendendosi in un massiccio dall’andamento lineare che corre dal Canada fino al Nuovo Messico e raggiungendo, con il Monte Elbert, in Colorado, un’altezza massima di 4.401 metri s.l.m..
Di formazione antichissima, la nascita di questa imponente catena montuosa è datata al Cretaceo, l’ultimo dei periodi in cui è convenzionalmente suddivisa l’era Mesozoica, tra i 100 e i 65 milioni di anni fa.
Abitate ininterrottamente, fin dal termine dell’ultima glaciazione, da Sioux, Apache, Cheyenne e numerose altre tribù di nativi americani, le Rocky Mountains furono scoperte dagli occidentali solo nella seconda metà del 1700, quando centinaia di avidi pionieri assetati di denaro le girarono in lungo e in largo alla esclusiva ricerca di lucro, qualificabile sia in termini di pellicce che di giacimenti.
In Colorado, dove si concentrano tutte le vette più alte dell’intera catena, a poco più di quindici chilometri da Colorado Springs, seconda città dello Stato dopo Denver per numero di abitanti, il primo avamposto del massiccio montuoso tra i più imponenti della Terra, è composto da un rilievo di tutto rispetto: il Pikes Peak.
Alto ben 4.302 metri, il Pikes Peak si staglia alle spalle del grosso centro urbano di Colorado Springs, e deve il suo nome ad un esploratore, l’americano Zebulon Pike, che per la prima volta, nel lontano 1806, lo riportò nelle carte geografiche e al quale è stata intitolata la vetta che, purtroppo, egli non è mai riuscito a raggiungere. Sfruttandone la posizione favorevole, nel 1873 l’esercito americano realizzò sulla sua cima, a 4.300 metri di altezza, una stazione meteorologica che nel 1900 fu riconvertita in un rifugio di montagna.
Il piccolo edificio fu reso agevolmente raggiungibile grazie alla costruzione di una strada, nel 1915, da parte di un imprenditore locale, il quale, dopo averne ottenuto la gestione in concessione, già dal 1916 pensò di utilizzare la strada, appena ultimata, per una straordinaria cronoscalata, alla quale avrebbero partecipato automobili e motocicli.
Nasceva, in questo modo, con il fine di incentivare il turismo sul Pikes Peak ed i conseguenti introiti del gestore della strada, la prima edizione della storica corsa in salita, seconda in America solo alla celeberrima 500 Miglia di Indianapolis, che si tiene fin dal 1911.
La Cima di Pike, pertanto, risulta essere famosa sostanzialmente per due motivi: in primis è stata teatro della corsa all’oro che ha interessato febbrilmente l’America del Nord tra il 1858 ed il 1861, quando migliaia di persone abbandonarono la loro insoddisfacente quotidianità, per partire alla ricerca di ipotetici giacimenti auriferi. In secondo luogo, la montagna è la sede storica della celebre corsa in salita, automobilistica e motociclistica, che vi si disputa ogni luglio, ininterrottamente da 103 anni.
La corsa a tempo che si corre ogni anno lungo le pendici del Pikes Peak nel giorno dell’Indipendenza americana, il 4 luglio, ha di straordinario già la linea di partenza, che si trova all’altitudine di tutto rispetto di 2.862 metri.
L’intero percorso, al quale mancano dieci metri per raggiungere i venti chilometri, è composto da 156 curve, più o meno strette che spesso diventano tornanti, e grazie ad una pendenza media del 7%, con picchi del 10.5, supera un dislivello complessivo di ben 1.440 metri.
Come detto, il traguardo è situato a 4.300 metri di altezza, una quota da capogiro che ha fatto guadagnare alla cronoscalata la doppia, simbolica definizione di “Gara verso le Nuvole”, o di “Corsa con gli Angeli”.
Per diverse edizioni, fino a quella del 2012, la corsa del Pikes Peak ha avuto la caratteristica, unica al mondo, di disporre di un tracciato misto, in parte asfaltato e in parte sterrato. La pista continua però a conservare una seconda peculiarità, consistente nel non disporre di alcuna barriera di protezione, che si tratti di guardrail o semplici palizzate.
L’estrema variabilità del percorso, anche da un punto di vista climatico, richiede una notevole preparazione e una grande attenzione da parte dei piloti. L’elevato dislivello, infatti, comporta temperature e condizioni di umidità e di pressione molto diversi dalla linea di partenza a quella di arrivo.
Non è inusuale, pertanto, partire col fondo asciutto e stabile per ritrovarsi, dopo pochi minuti, sull’asfalto ghiacciato e sdrucciolevole, oppure passare dal cielo sereno e soleggiato alle fitte nevicate di alta montagna.
La famosa corsa in salita di Pikes Peak non è, purtroppo, esente da avvenimenti funesti. A seguito della morte di un giovane motociclista americano, verificatasi nel corso dell’edizione della cronoscalata del 2019, il Consiglio direttivo dell’evento sportivo ha ritenuto opportuno escludere dalla corsa, le categorie riservate alle motociclette, a far data dal prossimo appuntamento del 2020.
Una decisione del genere scaturisce dalla chiara volontà di non consentire, ad un’attività ludica per non dire goliardica, di mettere a repentaglio giovani vite umane impegnate a sfidare sé stessi, prima che gli altri, nel raggiungimento di un record tutto personale, e ad evitare ulteriori, tristi perdite.
La giovane vittima dell’incidente in pista, trentaseienne pilota della Ducati, infatti, era in procinto di stabilire il nuovo record di categoria, in sella alla sua fiammante Ducati Streetfighter V4. Sebbene la decisione non appaia definitiva, poiché subordinata ad una paventata verifica dell’impatto che potrebbe avere sulla manifestazione l’assenza delle categorie che includono i mezzi a due ruote, la notizia è al momento confermata.
Ne deriva, pertanto, che se la pista non potrà essere domata dai motociclisti più audaci nell’evento del prossimo quattro luglio, resterà comunque accessibile nel resto dell’anno, o meglio, della bella stagione, quando chiunque abbia voglia di provare l’ebbrezza di correre tra le nuvole, potrà raggiungere, in sella alla propria moto, il rifugio in cima al Pikes Peak.
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